Il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini è intervenuto come relatore alla Luiss di Roma parlando a 360 gradi di problemi e criticità da affrontare
A pochi giorni dall’assemblea straordinaria Figc che ha deciso la modifica dello statuto attribuendo più importanza alla Lega Serie A, il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini (avvocato e nuovo rettore della IMT di Lucca) ha partecipato come relatore alla lezione dell’avvocato – ed ex difensore di Lazio e Napoli – Guglielmo Stendardo, professore de ‘Il giurista entra in campo’, il corso di diritto sportivo della Luiss di Roma.
Tantissimi gli argomenti trattati con gli studenti, che dopo altri prestigiosi ospiti – accanto a lui c’era anche il numero uno del Lecce Saverio Sticchi Damiani – come l’avvocato Eduardo Chiacchio, il presidente della Lazio Claudio Lotito e il presidente del Verona Maurizio Setti, hanno potuto confrontarsi con una delle massime cariche del calcio italiano. Che ha parlato dei molteplici aspetti della gestione dell’industria calcistica in Italia, a partire dai diritti tv, rivendicando ancora una volta il ruolo trainante della Serie A per l’intero settore sportivo nel nostro Paese. E di conseguenza la necessità di un peso maggiore rispetto a quello concesso nell’ultima assemblea straordinaria dalla Federcalcio, che costituisce un punto di partenza. Come detto, tema fondamentale è quello degli introiti dei diritti televisivi: “Per le entrate dei club la parte del leone la fanno i diritti tv, per questo stanno aumentando le partite. Gli studi dimostrano che distribuire le partite singolarmente porta di più ai broadcaster con la relativa vendita degli spazi pubblicitari. C’è invece chi vorrebbe più contestualità, tutte le partite in un canale come la Diretta Gol che vende lo spazio pubblicitario a una cifra molto più alta”.
“Poi – aggiunge Casini – c’è anche la questione di come vengono ripartiti i diritti tv. La negoziazione viene fatta non dai singoli club ma dalla Lega, per legge. Poi c’è la questione dei biglietti e quello che ruota intorno all’evento della partita”. Per questo, sottolinea il presidente durante il suo intervento, “il calcio italiano ha sicuramente bisogno di stadi. Abbiamo un ritardo infrastrutturale troppo ampio rispetto agli altri paesi e questo ha una ricaduta anche sui ricavi. Dopo la pandemia San Siro, pur non essendo in grandi condizioni e al di là di cosa è emerso poi e su cui è in corso un’indagine, è entrato nella top list europea come introiti”.
Casini si è soffermato anche sul tema spinoso dei bilanci, i costi e l’utilizzo di determinati strumenti come le plusvalenze che “non sono negative in sé, anzi fanno parte di una sana gestione soprattutto per squadre medio-piccole. Sono state contestate le plusvalenze fittizie, non quelle sane, un fenomeno limitato ma una pratica non virtuosa perché c’erano accordi tra società. E ancora nelle uscite delle squadre di Serie A, a volte il 90% è il salario dei calciatori. Per questo parliamo di un modello di difficile sostenibilità. In un’azienda se la spesa dei salari supera il 50%, già in quel caso va gestita con cautela. Ci sono 2-3 società che hanno un fortissimo indebitamento ma si possono iscrivere, perché il sistema non penalizza quell’indicatore. Il criterio principale è il pagamento degli stipendi. Poi ci sono altre spese per un club, ad esempio lo stadio se non di proprietà, i lavori di intervento sugli impianti, poi il carico fiscale“.
E qui Casini torna sull’importanza di riconoscere alla Lega Serie A in relazione al suo contributo economico (e non solo): “La Lega Serie A rappresenta e sostiene il 65% di tutto il carico fiscale nello sport italiano, parliamo di tutte le federazioni di tutti gli sport. Il contributo che lo stato italiano dà alle federazioni sportive è tarato sul contributo fiscale. Quindi quando la Serie A sottolinea che sostiene il movimento sportivo è un discorso che ha un fondamento legislativo. E poi c’è la responsabilità collettiva, le iniziative di sensibilizzazione. Anche qui siamo molto indietro, nello statuto non sono neanche presenti, ma lo facciamo perché è giusto restituire qualcosa. E le studiamo e programmiamo con un anno e mezzo di anticipo”.
Nello specifico “la Serie A ha lamentato di aver sempre avuto una sotto-rappresentazione, 3 consiglieri federali su 21. Per legge la Serie A dà il 10% dei diritti tv al sistema federale, circa 110 milioni di euro. L’1% alla Federazione, il 2% alla Lega Pro che di 30 milioni di bilancio ne riceve quindi 22 dalla Serie A. La B ne riceve il 6% e la D un 1%. Quindi la Serie A ha osservato che il 12% di peso elettorale fosse un po’ poco. Istanza mai ascoltata, finché il legislatore ha scelto di ascoltarla. Finalmente è aumentato il numero dei consiglieri, da 3 a 4, è stata risconosciuta un’autonomia, ad esempio se si vuole modificare le regole sulle sostituzioni, sempre nel quadro internazionale. E anche il peso elettorale è passato dal 12 al 18%. Il diritto di autodeterminazione per i temi riguardanti la Serie A però non è stato accolto, per cui c’è una sorta di doppio veto incrociato da parte della Figc. Almeno c’è stato un primo cambiamento importante”.
A questo va aggiunto che “la Lega Serie A è non è giuridicamente riconosciuta, gestisce miliardi di euro ma senza un assetto giuridico riconosciuto. Non ha veicoli societari, come ad esempio la Bundesliga che ha tre società partecipate per gestire i vari aspetti, o la Liga, o ancora la Premier League che è una società di per sé. La Serie A ha una forma primitiva. L’ordinamento sportivo è un po’ più indietro su alcuni aspetti, come il controllo dell’esercizio del potere, che si basa anche sui consensi e sul carisma. L’ex atleta e campione si presenta alle elezioni già prende consensi. Un elemento che viene usato anche dalla politica tradizionale per avere voti, tanto è forte il carisma di un personaggio”.
Il presidente Casini si sposta poi anche su un’altra questione cruciale: “Il sistema arbitrale ha un modello organizzativo non di completa autonomia. Gli arbitri hanno chiesto e ottenuto di avere maggiore autonomia dalla Serie A ma anche dal sistema federale. Io vengo insultato sui social per gli arbitri, ma la Serie A non c’entra niente, non ha nessun contatto con gli arbitri e non lo vogliamo neanche. L’AIA ha un costo di circa 50 milioni di euro, di questi 34 sono pagati dallo Stato. Questo ci deve far riflettere sull’importanza del ruolo, abbiamo registrato a livello federale anche una crescita di atteggiamenti violenti nei confronti degli arbitri, va contrastata con molta forza”.
E ancora un altro tema è il sistema di giustizia federale: “Il punto – evidenzia Casini – non è che c’è qualcosa che non va, ma è eliminare ogni strumento che possa portare a un sospetto che ci sia qualcosa che non va. I giudici federali dovrebbero essere selezionati da un altro soggetto, non dalla federazione. Chi giudica la federazione non può essere nominato dalla federazione. Anche se poi effettivamente vengono nominate diverse personalità, magistrati. Ecco perché si è parlato del Var a chiamata, con un team apposito che deciderebbe cosa ‘chiamare’ in campo. La chiamata toglierà i sospetti e su questo tema si sta lavorando a livello internazionale”.
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