SFS24, Manna a ruota libera tra scudetto e mercato. Poi l’allarme sul rinnovo di Kvara

Il ds del Napoli Giovanni Manna è intervenuto al Social Football Summit in corso a Roma: le parole su Conte, Osimhen e Lukaku

Il Napoli vola in questo primo scorcio di stagione, confermando la prima posizione dopo l’1-1 in casa dell’Inter nello scontro diretto che però ha assottigliato il vantaggio della squadra di Conte sul gruppo di inseguitrici. Il Napoli di Conte sì, ma anche di Giovanni Manna che ha costruito insieme al tecnico e al presidente De Laurentiis una squadra decisamente competitiva in grado di aprire un ciclo. Anche con qualche criticità, che potrà anche riproporsi la prossima estate, come Osimhen.

Giovanni Manna, dirigente del Napoli
Giovanni Manna, dirigente del Napoli (LaPresse) Calciomercato.it

Lo stesso Giovanni Manna è stato grande protagonista della prima giornata del Social Football Summit 2024 in corso di svolgimento a Roma, allo stadio Olimpico:

Come ci si sente a essere il ds della prima in classifica? “Prematuro, il campionato è lungo. Stiamo cercando di tornare al Napoli di De Laurentiis, che ha fatto le coppe per 14 anni, per valori tecnici ed economici da perseguire. Ci concentriamo su quello”.

Sei giovane, cosa può darti in più? “All’inizio essere giovane è una complicazione, ti approcci con persone che prima guardavi e ammiravi in tv. Io sono venuto da un percorso diverso, accademico, di studi. Il calcio sta cambiando per le nostre figure, ci sono tante proprietà straniere, bisogna avere competenze anche oltre l’aspetto calcistico. Magari devi confrontarti con una proprietà straniera, la comunicazione è cambiata, spero di riportare il mio know-how”.

Avevi un modello? Avete in programma la seconda squadra per il Napoli? “Io inizio questo lavoro quasi per caso. Con Zeman al Lugano facevo il team manager, non c’era una struttura. Il mister ha detto che parlava solo con me e ho iniziato così. Non ho avuto grandi riferimenti, sono un po’ autodidatta. Arrivato in Juve, Paratici e Sabatini sono dei punti di riferimento per chi fa questo lavoro. La seconda squadra non è un prodotto fine a se stesso, ma la valorizzazione di un percorso lungo e dispondioso. A Napoli ora non abbiamo una struttura tale da poter supportare una seconda squadra. Abbiamo in testa di poter lavorare sul settore giovanile. Ora non è un’idea reale, non ha senso”.

Che utilizzo fai dei numeri? “I numeri ti danno tanto, ma sono un romantico, preferisco lo scouting seguendo le partite sul campo, i giocatori non sai se sono intelligenti, devi conoscerli. Tanti club dimostrano che i numeri sono importanti, ma ci sono tante variabili, l’area scouting è fondamentale. I dati sono un supporto”.

La tua firma dove e come la metti? “Dipende da tante cose. Bisogna essere pronti con opzioni diverse se magari saltano delle operazioni”.

Sui diritti di immagine. “Tante volte me ne dimenticavo, quando ti siedi per negoziare è difficile. Prima di tutto parlo col calciatore, poi quando sai che i giocatori devono venire si aggiusta qualcosa. Non ho avuto tanti problemi. Il problema principale è sullo sponsor tecnico, che spesso prendono tutto, non solo le scarpe. E i calciatori devono uscire da questi contratti a volte. Ma quando il calciatore vuole venire è difficile che non si trovi una soluzione”.

Come gestite la pressione? “Importante restare focalizzati e concentrati nella gestione dei momenti della stagione, dall’entusiasmo ai momenti di difficoltà. Bisogna essere lucidi e cercare di non farsi pervadere dalle emozioni e dai sentimenti dei tifosi. La città è caldissima, ci sta dando veramente tanto. La immaginavo pressante, ma non pensavo questa energia. Ogni giorno la gente ti chiede e ti senti in dovere di dare. È una situazione strana. Tantissime persone, non fischiano. Poi le aspettative sono alte, due anni fa hanno vinto lo scudetto. Bisogna ripartire in quel percorso. Ora è un obiettivo lontano”.

Ma è più vicino di quanto pensavate? “Ma noi non ci pensiamo. Pensiamo a lavorare, come dicono allenatore e presidente, con molta serenità. Se pensiamo di poter perseguire un obiettivo oggettivamente complicato, rischiamo di farci male”.

La scelta di Conte. “De Laurentiis ha un certo spessore. Da fuori ero preoccupato, ma sono contento, ci ha fatto lavorare. Anche la scelta dell’allenatore, con cui aveva già parlato a ottore-novembre, è stata fondamentale perché io ho 36 anni. Avere un allenatore così vincente, è stato un bene. Conte è stata una scelta anche a tutela mia, so che parlo tutti i giorni con lui e so che può darmi sempre qualcosa e io posso dare qualcosa a lui in termini di energia. Il presidente è molto esigente”.

Il primo incontro con De Laurentiis e Conte? “Io a gennaio ho cambiato casa a Torino, non pensavo di andare via. Dopo Juve-Frosinone la sera mi chiama un numero che non conosco e non rispondo, non ce la facevo. La mattina dopo mi richiama, era Chiavelli. Avviso la Juve, incontro Chiavelli e poi De Laurentiis. E mi ha detto che ci saremmo visti. Mi ha detto che dovevo poi parlare con la moglie, ma io avevo già scelto. Alla Juve sono stato benissimo, quando mi chiamò Cherubini per le giovanili non pensavo di fare questo percorso. Ma quando ti chiama il Napoli non puoi dire di no. Paura? Un po’ sì all’inizio, poi no, ma ancora adesso sì. Con Conte mi sono visto a casa sua. Non ci conoscevamo, la prima squadra non la facevo e comunque c’era Sarri. Ho trovato una persona con le idee chiare, abbiamo parlato tutto il tempo di calcio”.

Quando avete concretamente costruito la squadra? “Non ha detto subito sì Conte, poi sull’aspetto economico aveva già parlato mesi prima con De Laurentiis. Era capire le sue idee sulla rosa attuale, era una scoperta per entrambi, non conoscevamo sul campo i giocatori. Mi ha detto subito che Di Lorenzo e Kvara non si toccavano”.

C’era un piano B per Buongiorno? E alternative in generale? “Un’infinità ce ne sono. Normale sia così, può sempre succedere tutto. Noi dovevamo finanziare il mercato con Osimhen, voleva andare via, è risaputo. Avevamo una disponibilità, volevamo un difensore di prospettiva. La prima scelta è stata sempre Buongiorno, siamo stati pronti quando abbiamo potuto fare l’operazione. Non è stato semplice, ma il giocatore ci ha detto subito di sì. Non abbiamo ceduto poi, in Napoli nel tempo ha lavorato bene e abbiamo anche potuto investire”.

Come avete convinto De Laurentiis a investire pur senza la certezza di cedere Osimhen? “Abbiamo cercato di finanziare in altri modi, con operazioni più piccole. Non ci siamo riusciti e siamo andati a step. Abbiamo trattato i giocatori per farli tutti. Poi se non si facevano magari perdevo il rapporto con un agente. Avevamo anche fatto Brescianini, le dinamiche ci hanno portato a perderlo. Non è stato piacevole, un giocatore che fa le visite e poi cambia idea è complicato. Poi abbiamo fatto una riflessione in termini economici. E abbiamo deciso che potevamo fare un investimento. La sconfitta di Verona non è stata determinante, io venivo da una settimana a Londra. Eravamo pronti su tutto, ma le cose non si sbloccavano, Gilmour, McTominay e Lukaku. Ho avuto la fortuna che il presidente ci ha detto ‘andate’, altrimenti non so come sarebbe andata”.

Nelle negoziazioni per acquisire un giocatore si parla già di clausole di uscita. “Io sono favorevole. Intanto fissi un valore, a volte si tende a sovrastimare il calciatore. Per me ora fissare un valore, vista anche la valutazione e la sentenza Diarra. Osimhen? Non ha comportato problemi la clausola su di lui, sono detivati da altre dinamiche. Prima c’era lo scudetto e ti do X, se il Napoli va male ti do X meno Y. Se il Napoli arrivava secondo o terzo magari pagavano la clausola per lui.

Come sta andando la trattativa con Kvara? “Noi vogliamo premiare il suo percorso nel Napoli, se lo merita, oltre il fatto che ha altre due stagioni. Vogliamo riconoscergli quello che ha fatto, poi ci sono tante dinamiche e dobbiamo trovarci d’accordo. Noi non lo viviamo con pressione, abbiamo un’idea. A che punto è? Ne abbiamo parlato, se non la risolviamo ne riparleremo a giugno. Non abbiamo una scadenza, ma non vogliamo spostare l’attenzione dal campo e su questo il calciatore è d’accordo”.

Il mercato di gennaio? “Complicato, si chiama di riparazione. Vediamo dove arriviamo poi ci sono delle scelte, magari qualcuno non è contento. Se ci sono opportunità le cogliamo. Abbiamo investito tanto, quindi non ci saranno grandi colpi. Ma vediamo”.

Magari un difensore? “La squadra era stata costruita su un altro sistema di gioco, poi il mister è talmente intelligente che ha potuto cambiare. Numericamente siamo forti, ma dobbiamo fare cose logiche, non tanto per farle”.

Chiudere il mercato prima dell’inizio della stagione? “Può essere logico. Togliamo alibi al sistema. Ha un senso, ma l’intero sistema europeo deve andare in quella direzione e per ora non ne abbiamo parlato. L’idea c’è. Altrimenti io arrivo a fine mercato e perdo potere d’acquisto, oppure c’è chi specula. Deve essere bene o male uguale per tutti, può differire per 2-3 giorni.

L’inseguimento a Lukaku inizia da prima, avevate provato a portarlo alla Juve. Quanto vi aspettate di più? “In Italia fa comodo a tutti, meglio sempre averlo che no. Lui è una certezza in termini numerici e prestativi, ha già lavorato proficuamente col mister. E poi sposta nel campionato italiano. Ogni volta c’è una polemica, lui ha fatto 4 gol e 4 assist, fa il suo, ha un approccio carismatico, ha 31 anni, non è un giocatore che si può discutere. Poi agli occhi dei tifosi del Napoli lui ha vinto un campionato da dominare. Ma sono due persone diverse. Ha fatto 300 gol in carriera, non si può discutere”.

Il vantaggio di non fare le coppe. “Inizialmente lo è. Col tempo non è un vantaggio. Giocatori che arrivano e sono abituati a fare le coppe, vogliono giocare ogni tre giorni perché sono abituati. Magari guardi gli altri e voui giocare tu. Può essere un vantaggio nella costruzione della squadra, perché puoi fare una rosa più corta”.

Allargare le rose? “Rose più larghe vuol dire costi più ampi. Il costo del calcio si è alzato, quindi o si sopperisce in un certo modo, ad esempio le seconde squadre portando indietro ragazzi che hanno presenze in un campionato temprante. E poi devono essere giocatori dello stesso livello”.

McTominay? “Io lo avevo chiesto in prestito. La Serie A nelle top 5 è sotto la Premier League per dati fisici. Pensiamo che stiamo scemando, ma negli ultimi anni il cammino europeo delle nostre squadre è stato sempre molto buono. Così è più facile. Forse siamo noi che i sottostimiamo. Perché poi un giocatore che arriva dalla Premier ti dice che il livello è alto. Il gap è economico. Loro hanno i diritti, gli stadi, il merchandising. Lì non possiamo competere”.

E come lo avete preso McTominay? “Con un po’ di fantasia (ride, ndr)”.

Cosa ti ha reso più orgoglioso di questo cammino? “La gente è fantastica, ti fa sentire qualcosa che. va gestito. Questa coesione ci sta permettendo di fare bene, poi dovremo gestire i momenti”.

Andrete alla ricerca in futuro, non intendo a gennaio, di un nuovo talento sudamericano, magari che possa accendere i tifosi paragonabili magari a Maradona, Cavani, Lavezzi? “Napoli e Sudamerica è connubio storico, c’è la volontà perché è un mercato fertile. Ma dobbiamo prima consolidarci, poi possiamo fare una ‘scommessa’. Higuain arrivava dal Real Madrid, Cavani aveva fatto un percorso a Palermo, Lavezzi si è imposto in una realtà diversa da quella del Napoli attuale ed è cresciuto insieme al Napoli. Qualcosa mi piacerebbe fare, anche a livello emotivo e passionale”.

Sul settore giovanile il progetto del Napoli qual è? “Stiamo lavorando assiduamento su centro sportivo e nuovo stadio, parlando col Comune. Cercheremo di trovare una soluzione proficua per entrambe le parti, così potremmo fare un lavoro diverso. Ora siamo dislocati, così è difficile. Invece il centro sportivo è un asset troppo importante. Siamo indietro in Italia su questo. Se negozi i diritti tv e vedi il campo, sai che quello è così. Ma dobbiamo muoversi di sistema”.

Spiegazioni sulla scorsa stagione? “Per vincere bisogna costruire, saper costruire anche la gestione della vittoria. Quando vinci dopo 33 anni non è facile gestirla, anche se il Napoli ha fatto un percorso incredibile, giocatori fortissimi, società sana. Forse si doveva capire che bisogna lavorare come sempre, poi sono andati via allenatore e ds. Poi quando partono male le stagioni è sempre difficile raddrizzarla. Da fuori è difficile giudicare, ma quando inizia la stagione male, non è facile raddrizzarla”.

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