L’allenatore portoghese nel mirino dopo l’ennesimo risultato deludente della formazione rossonera: la dura reazione
Niente da fare, l’appuntamento con la vittoria in campionato è rimandato ancora una volta. Il Milan non è andato oltre il pareggio a reti bianche contro il Genoa e i tifosi hanno espresso al triplice fischio finale tutta la loro frustrazione.
Contestazione contro la squadra e la società, anche se nel mirino non può non esserci anche l’allenatore, Paulo Fonseca. Dopo la partita vinta contro la Stella Rossa, il tecnico portoghese aveva alzato la voce, scagliandosi contro l’atteggiamento della squadra, ed oggi ha tenuto fuori alcuni big, Theo Hernandez su tutti.
La scelta non ha pagato, anche se Jimenez è stato tra i migliori in campo, ed ora il tecnico portoghese dovrà vivere un’altra settimana di passione. Non la prima volta che gli succede nei pochi mesi vissuti sulla panchina rossonera, una continua montagna russa con le vette contro Inter e Real Madrid e le brutte cadute e frenate, come quella contro il Genoa. La zona Champions è lontana 8 punti in attesa di Lazio-Inter e il calendario propone Verona e Roma prima della Supercoppa: serve un filotto di successi per riprendere il treno che porta alla qualificazione alla coppa dalle grandi orecchie ed è questo che si chiede a Fonseca.
Un Fonseca che inevitabilmente è finito ancora sotto processo dopo l’ennesimo passo falso del Milan contro il Genoa.
Il portoghese ha provato a strigliare la squadra nei giorni scorsi, ma i risultati non si sono visti. Il problema è che, oltre all’atteggiamento, anche il gioco non è apparso particolarmente brillante. Ma nel post gara a ‘Sky’ Di Canio analizza la situazione da un altro punto di vista: “I giocatori hanno fatto il loro, ma mi è sembrato che hanno giocato sulle punte. Mi aspettavo una reazione. Non vorrei che, lasciato solo l’allenatore con le sue dichiarazioni senza il supporto della società, qualche giocatore (Calabria, Theo Hernandez, Tomori) faccia un gruppo – non volutamente – contro l’allenatore, che crei comunque malumore che si trasmette anche agli altri che vanno in campo. E questo porta a non creare il clima idilliaco per diventare gruppo e sembra sempre più difficile che lo diventi se la società non prende una decisione netta”.
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