Gian Piero Gasperini, storia di un uomo che dalla gavetta ha scritto la storia dell’Atalanta, firmando un miracolo: il percorso dell’innovatore
C’è chi nasce sotto i riflettori e chi, invece, li accende da solo, a forza di gomitate e idee. Gian Piero Gasperini è uno di questi. Non il classico allenatore da copertina, ma un tipo tosto, di quelli che trasformano in oro quello che toccano, grazie alle proprie idee.
Pensate all’Atalanta: una squadra di provincia, spesso in zona salvezza, che sotto le sue mani è diventata un rullo compressore, capace di far tremare anche i giganti d’Europa come Real Madrid e Manchester City. È una storia che sa di riscatto, di quelle che dimostrano come i soldi non siano tutto anche nel calcio moderno e che il duro lavoro paga ancora.
Gasperini non è mai diventato un fenomeno in campo, ma dietro la panchina? Ha preso squadre normali, a volte spacciate e le ha fatte volare, dimostrando che i milioni contano fino a un certo punto. Oggi, quando pensi a Gian Piero Gasperini, pensi al coraggio, alla fantasia e al lavoro maniacale.
Ma chi è davvero Gasperini? Nasce a Grugliasco, vicino Torino, il 26 gennaio 1958. Da giovane indossa la maglia della Juventus e poi gira l’Italia, giocando anche per il Pescara. Ma il campo non è il suo regno. È quando si siede in panchina che tutto cambia. Dopo aver cresciuto talenti come Del Piero nelle giovanili bianconere, spicca davvero il volo.
Il Genoa, nel 2006, è il primo colpo grosso. Prende una squadra onesta e la riporta in Serie A, giocando un calcio innovativo già per l’epoca. Dopo una serie di esperienze non fortunatissime, tra cui quella all’Inter, arriva Bergamo, l’Atalanta, e lì scatta la magia. Quarti di Champions, terzo posto in campionato. Un piccolo grande miracolo tutto italiano.
La carriera di Gian Piero Gasperini è un viaggio da montagne russe. Dopo il Genoa, come detto, prova a sedersi sulla panchina bollente dell’Inter, nel 2011. Disastro totale: cinque partite, un incubo. Ma lui non è proprio tipo da mollare. Torna al Genoa, sistema i cocci personali, e poi eccolo a Bergamo nel 2016.
Con l’Atalanta fa il botto: tre qualificazioni di fila in Champions, un terzo posto e soprattutto la vittoria dell’Europa League con un calcio che ha lasciato il mondo intero senza fiato. La Dea non è stata più una semplice squadra, ma una macchina quasi inarrestabile, partita realmente dal nulla.
Il suo 3-4-3 ha fatto scuola. Pressing che ti soffoca, uomo contro uomo, un’innovazione poi copiata da tanti altri colleghi. Ritmi forsennati, non da calcio italiano, giocatori che sembrano danzare. Ricordate il 4-1 al Valencia in Champions? Bergamo in delirio, tifosi con le lacrime agli occhi, e lui, Gasperini, lì a guardare soddisfatto. “Affrontarlo è come andare dal dentista” dichiarò un gigante come Guardiola e non ha mai avuto torto.
E poi la valorizzazione dei giocatori. Nessuno, uscito dal contesto Atalanta, ha saputo più rendere come sotto la guida tecnica del Gasp. L’elenco è infinito, gli esempi a decine. Chi viene premiato dal tocco magico dell’allenatore piemontese, non riesce più a mantenere lo standard elevato anche altrove.
Ma Gian Piero Gasperini non vive solo di calcio, anche se a volte sembra di sì. A casa, con Cristina, sua moglie dal 1983, e i figli Davide e Alessia, è un altro mondo. “Comando in campo, ma qui mi arrendo”, scherza ogni tanto. E poi c’è la montagna: le Alpi Orobie, vicino a Bergamo, dove lo trovi a passeggiare col cane, con l’aria fresca che gli schiarisce le idee.
Chi lo conosce racconta di un Gasperini all’antica, di quelli che ti sgridano ma poi ti abbracciano. La famiglia è la sua ancora, il posto dove ricarica le pile prima di tornare a urlare in campo. Bergamo lo ama, e lui ama Bergamo. Ha riscritto la storia di un club. Gian Piero Gasperini è più di un tecnico ormai, è uno che ha preso un sogno totalmente impensabile anche ai più romantici e lo ha fatto diventare realtà. La sua storia urla una verità semplice, che non serve nascere grandi, basta combattere come se lo fossi.
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